Nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, verso l'1 e 30, un commando di mafiosi uccise il giornalista
Peppino Impastato a pochi giorni dalle elezioni provinciali, nelle quali si era candidato con la lista di
Democrazia Proletaria. Il suo corpo venne ritrovato dilaniato da un'esplosione (5 chili di tritolo) in un tratto della linea ferroviaria Trapani-Palermo. Gli assassini, per screditare l'immagine pubblica dell'attivista, ne inscenarono il "suicidio".
In un primo momento gli inquirenti ipotizzarono un attentato terroristico andato male, così come accadde qualche anno prima con Giangiacomo Feltrinelli (1972). L'ipotesi era avvalorata dal clima di terrore che dominava il paese in quel periodo. Erano i famosi "anni di piombo". Successivamente, con il ritrovamento di un bigliettino di addio (voglio abbandonare la politica e la vita), le indagini si spostarono sull'ipotesi di suicidio. Il clamore dell'uccisione di Aldo Moro e l'esito delle prime indagini tolsero visibilità al caso Impastato.
Fu la determinazione della mamma, Felicia Bartolotta, del fratello Giovanni e degli amici più cari ad indirizzare gli inquirenti verso una nuova ipotesi, supportate anche da alcune importanti testate giornalistiche e quotidiani locali. Ma il caso venne nuovamente oscurato.
Qualche anno più tardi, nel 1984, il Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto firmò una sentenza in cui veniva riconosciuta la natura mafiosa dell'omicidio, però, per mano di ignoti.
Nel 1992 il Tribunale di Palermo archiviò il caso Impastato per la difficoltà nel trovare i veri colpevoli e/o mandanti.
Nel 1996, grazie alle dichiarazioni del pentito Salvatore Palazzolo, il caso venne riaperto con l'accusa di omicidio verso i due mandanti: Gaetano Badalamenti e Vito Palazzolo.
Il boss Tano Badalamenti, che abitava a cento passi da casa Impastato, era il bersaglio preferito delle denunce e sbeffeggiamenti di Peppino durante le sue trasmissioni su Radio Aut, l’emittente libera e autofinanziata da lui fondata a Cinisi nel 1976 (frequenza 98,800 Mhz). Il boss era stato ribattezzato ironicamente "Tano seduto, viso pallido esperto di lupara e traffico di eroina".
Nel 2002 il Tribunale condannò all'ergastolo Gaetano Badalamenti, oltre per i reati legati al traffico di droga tra Italia e America nella famosa Pizza Connection, anche per l'omicidio di Peppino.
I Cento Passi, il film del 2000 diretto da Marco Tullio Giordana, consacrò definitivamente Peppino come simbolo dell'antimafia, colui che con coraggio, ironia e determinazione denunciò e sbeffeggiò la mafia.
La sua storia e il suo rigetto verso la Mafia ha un valore ed un impatto più forte ed ampio. Peppino Impastato, infatti, era nato in una famiglia mafiosa (5 gennaio 1948): il cognato del padre Luigi era il Cesare Manzella, capomafia di Cinisi nel dopoguerra assassinato nell'aprile 1963 con la prima autobomba della storia. A 15 anni Peppino troncò tutti i rapporti con il padre e per questo venne cacciato da casa.
Il suo attivismo nasce proprio in quel periodo ed una delle sue frasi-denuncia più celebri è:
Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!
Chi era Peppino Impastato?
Radiospeaker.it : << Noi di Radiospeaker.it vogliamo omaggiare Peppino Impastato, parlandone “radiofonicamente”, visto che la stragrande maggioranza dell’attività comunicativa di Impastato fu fatta attraverso l’etere, attraverso quella
Radio Aut, fondata a
Terrasini nel 1977, a lui tanto cara.
Ogni venerdì sera Peppino metteva in atto il programma di satira “Onda Pazza”, in cui denunciava i potenti mafiosi di Cinisi e dintorni, i politici corrotti e inchiodando alle proprie responsabilità il boss Gaetano Badalamenti, ironicamente apostrofato con il nome di “Tano seduto”. Non si risparmiava nessuno, venivano fatti nomi e cognomi, luoghi, appalti truccati, si denunciavano spaccio di droga ed estorsione, crimini mafiosi di ogni tipo, ma con ironia, satira, ridicolizzando i boss e, con questa tecnica, affievolendo la paura della popolazione. Poi Peppino decide di candidarsi alle elezioni comunali del 1978. La Mafia non accetta questa sfida e colpisce nell’unico modo in cui sa colpire, uccidendolo ferocemente. La popolazione premia comunque Impastato, che vince le elezioni simbolicamente.
Radio Aut morì pochi mesi dopo il suo grande protagonista, cessando le trasmissioni.
La storia di Impastato così come quella della radio da dove proclamava la sua guerra ai mafiosi è stata raccontata nel film di Marco Tullio Giordana, “I Cento Passi”, da cui ci vediamo il meglio delle scene ambientate a Radio Aut. >>
[09/05/2011]