Si presume che il Pastore fonnese sia nato da un incrocio fra la razza (segugio) utilizzata in epoca romana, importata in Sardegna per "stanare" i ribelli sardi nei boschi, e un mastino originario dell'era nuragica, raffigurato anche in alcuni bronzetti e rinvenimenti archeologici.
Per la sua indole e le sue caratteristiche genetiche, ottimo olfatto e udito finissimo, è sempre stato utilizzato come cane da guardia o da gregge e, in taluni casi, persino da assalto.
Durante la guerra di Libia (1911-1912), ad esempio, venne utilizzato dall'Esercito Regio a "protezione" degli accampamenti per prevenire e contrastare le incursioni nemiche.
In quella circostanza il cane veniva addestrato in modo tale da riconoscere la divisa militare italiana e scagliarsi contro quelle arabe/turche.
Da questa esperienza nacquero le prime sezioni cinofile.
I pastori sardi, dal canto loro, addestravano i cuccioli manipolando e stimolando l'imprinting fin dalla nascita. Infatti, appena nati, i cuccioli venivano fatti crescere lontano dagli umani e a stretto contatto con le pecore da cui venivano allattati.
In questo modo il cane si identificava nel gregge e, riconoscendo la pecora come "madre", era sempre pronto a difendere la "propria specie" da ogni tipo di attacco: volpi, altri cani e persino dall'uomo.
Nell'isola è anche chiamato cani fonnesu antigu, mentre a Fonni, ane ‘e accappiu (cane da catena o da guardia).
Solo nel 2013 è stato aggiunto nella categoria Pinscher e Schnauzer, Molossidi e cani bovari Svizzeri ed, attualmente, esistono prestigiose ricerche che mirano a valorizzare e preservare il patrimonio genetico di questa razza canina, tipica sarda. In passato la razza ha rischiato persino l'estinzione a causa, soprattutto, della soppressione delle cucciole femmine al fine di impedirne una diffusione "eccessiva e non controllata". La razza era allevata e custodita gelosamente.
Menzioni letterarie
Il pastore fonnese venne anche menzionato, per la sua indole temeraria e implacabile, da letterati come, ad esempio, Gabriele d'Annunzio e Sebastiano Satta.
Gabriele d'Annunzio cita il pastore fonnese in varie opere tra cui Più che l'amore (1906) in cui lo descrive come un fedele amico del protagonista Corrado Brando:
[..] di membra snello, asciutto e muscoloso come quei veltri sardeschi addestrati alla piga contro la bestia e l'uomo [..]"
( in sardo "sa piga" significa "la presa")
Sebastiano Satta lo decanta con uno scritto in riferimento alla guerra di Libia e al suo utilizzo:
[..] Cani di Fonni,
vigili sui monti Deserti
al passo dei rapinatori:
Pugnace razza implacabile,
pronti Sempre all’assalto,
come l’aura lievi,
Seguaci come l’ombra,
negli orrori Delle notti ventose,
tra le nevi,
Soli compagni al nomade e al bandito:
— Il bandito nel fiero odio tenace
Richiama il suo fedel dogo nutrito Di strage:
Murrazzànu. .. [..]