Era il lontano 1970. Altri tempi: un'altra Italia, un altro calcio.
Un'altra Italia. La Sardegna era una terra dove l'economia era prevalentemente trainata dalla pastorizia anche se, in quegli stessi anni, stava nascendo quel turismo di massa non sempre apprezzato dagli stessi sardi. Molti parlavano di nuovo colonialismo e saccheggio delle coste da parte dei "continentali". Inoltre l'immagine dell'isola negli anni 60-70 era rovinata e marchiata (negativamente) da quei banditi che, con i loro continui sequestri, di cui alcuni importanti, balzavano persino alla cronaca nazionale.
Un altro calcio. Da un lato avevamo le squadre blasonate del Nord che, ogni anno, dominavano il campionato sfoggiando nelle proprie rose grandi campioni strappati ad altre società a suon di milioni. Un Dio Denaro che ammaliava "quasi" tutti, facendo cambiare rapidamente e facilmente casacca ai giocatori di tutto il mondo. Dall'altra parte, invece, avevamo un squadra, il Cagliari, che fino ad allora non aveva mai vinto nulla e che faceva spesso da spola fra serie C e B. Altro dettaglio: la vita del tifoso sardo "emigrato" era spesso anonima, un tifo urlato nel silenzio come se ci si dovesse vergognare per quella fede sportiva e per le proprie radici.
Gigi Riva. Gigi è nato il 7 novembre 1944 in un paesino nelle rive del Lago Maggiore, Leggiuno, in provincia di Varese (Lombardia). La madre, dopo la morte prematura del padre a causa di un incidente sul lavoro (venne colpito da un pezzo di metallo staccatosi da un macchinario, ndr) e il termine delle elementari, lo iscrisse in un collegio religioso nella speranza di garantirgli un futuro migliore, diverso da quello della maggior parte dei giovani dell'epoca (finire a lavorare in fabbrica, ndr). Ma il destino di quel giovanotto dal fisico statuario, dal tocco magico e dal tiro potentissimo bussò presto alla sua porta. A soli 18 anni, grazie alle sue doti, esordì in serie C nel Legnano e nel 1963 venne notato da un gruppo di osservatori del Cagliari che, con un'offerta di 37 milioni, lo convinsero a trasferirsi in Sardegna.
Inizio del mito. La stagione 1963-64 segnò l'inizio di una leggenda calcistica narrata ancora al giorno d'oggi. In quell'anno il Cagliari si classificò al primo posto conquistando, per la prima volta, la serie A. Negli anni a seguire, nonostante le buone prestazioni, la società rischiò persino di vendere Riva per far quadrare i bilanci messi a dura prova con la permanenza in Serie A. La costituzione di una S.p.A e l'intervento di un gruppo di imprenditori scongiurò il peggio. Ma è solo nella stagione 1968-69, con il ritorno in panchina dell'allenatore Manlio Scopigno, che i rossoblù iniziarono a scrivere la storia del Calcio sfiorando lo scudetto e piazzandosi al secondo posto dietro la Fiorentina.
Fu solo un assaggio della grande impresa dell'anno successivo. Infatti la stagione 1969-70 vide la squadra balzare al primo posto in classifica già dopo la sesta giornata disputata contro la Fiorentina (1-0). Una posizione che riuscì a mantenere fino alla fine conquistando, matematicamente, il tricolore con due giornate di anticipo.
Era il 12 Aprile 1970. Una giornata indimenticabile non solo per i sardi ma per tutti gli amanti del calcio e delle grandi imprese. L'impossibile che diventa possibile.
<< La Juventus gioca in casa della Lazio, mentre il Cagliari ospita il Bari. L'attenzione di milioni di tifosi è tutta puntata su entrambi i campi. All'Olimpico, in Curva, sono presenti persino alcuni tifosi sardi nella speranza di assistere al fatidico miracolo.
Al 38° del primo tempo il Cagliari va in vantaggio con un gol segnato proprio da Rombo di Tuono. Lo stadio si infiamma e il boato di gioia, attraverso le radioline, si propaga anche all'Olimpico contagiando tutti. Il pensiero di molti tifosi e non, proprio in quel momento, andò a quel noto mito di Davide contro Golia. Una classe operaia, così veniva etichettato il Cagliari, stava preparando un clamoroso scacco matto ad un colosso del calcio. Ciò che, fino a qualche mese prima, era impensabile ed inimmaginabile, adesso era lì. A portata di mano. Davanti gli occhi di tutti.
L'attenzione nazionale si era catalizzata in quel "duello a distanza"; una vittoria che aveva un retrogusto simile ad un riscatto sociale per un'intera regione. Quella Sardegna che fino ad allora era perseguitata dai pregiudizi ("sono tutti pastori o banditi", ndr), stava per riscattarsi. E tutto grazie ad una squadra di calcio.
Un gruppo unito ed affiatato che sapeva "fare squadra", prima di tutto nello spogliatoio e, successivamente, in campo; una squadra che, simbolicamente, rappresentava al meglio quel famoso motto "uno per tutti, tutti per uno"; una squadra che giocava un calcio moderno e, soprattutto, spettacolare. Una squadra che, domenica dopo domenica, stava facendo capitolare tutti i grandi club.
Al 28° minuto del secondo tempo all'Olimpico, Chinaglia, soprannominato Long John, viene steso nell'area bianconera e l'arbitro non esita a fischiare il rigore. E' lo stesso giocatore a battere la massima punizione senza sbagliare. 2-0 per la Lazio. Altro boato di gioia!
All' 88° del secondo tempo, all'Amsicora, Gori raddoppia per il Cagliari. La partita finisce 2-0.
E' fatta! La squadra sarda conquista il suo primo, unico e memorabile scudetto. >>
Come titolò il Corriere dello Sport (scorri la gallery, ndr), fu un'impresa storica e rivoluzionaria soprattutto perché quella vittoria rompeva l'egemonia calcistica del Nord. Per la prima volta veniva assegnato un tricolore ad una squadra del sud Italia.
L'orgoglio, la leggenda dell'impresa e il senso di appartennza a questa splendida terra iniziò a divampare ovunque, varcando persino i confini nazionali. Il popolo sardo si identificò, con forte orgoglio, in questa squadra e si unificò. I festeggiamenti durarono giorni per le vie cittadine. Era, e viene ricordata ancora oggi, come una rivincita sociale collettiva.
Gigi Riva ne diventò il simbolo per eccellenza. Non solo con i suoi gol ma con quella fiducia ed attaccamento alla Sardegna fuori dal comune. Nonostante i vari corteggiamenti da parte di vari club, inclusa la Juventus, e i vari "occhiolini" da parte del Dio Denaro, Rombo di Tuono non ha mai cambiato cambiato casacca. Non ha mai "tradito" l'isola. Come ha spesso sottolineato: "la vita non è fatta solo di soldi". L'amore e l'affetto, che il popolo sardo gli ha sempre riservato, non ha prezzo!
"Gigi Riva è uno di noi!", questa è la frase che si sente spesso fra i sardi.
Storici furono tutti i titoli e gli articoli delle varie testate giornalistiche dedicate a quello "squadrone" e al miracolo appena compiuto. E proprio da questi storici titoloni e dalla voglia di omaggiare con una gigantografia l'uomo simbolo del riscatto sociale sardo, nasce l'idea del nuovo murale di MAMBLO.
Un'opera realizzata con il supporto dell'associazione Skizzo (circa 70 persone) e che, osservandola bene, richiama i colori sia dei quotidiani che della storica maglia dello scudetto: lana bianca a maniche corte con bordi rossi e blu; sul petto, laccetti e stemma dei Quattro Mori, mentre nella parte posteriore, numero nero del giocatore cucito (la stessa indossata da Gigi e riprodotta nel murale, ndr).
La storia calcistica sarda di quegli anni, ricca di emozioni, da oggi è impressa in una parete di San Gavino!
Vi lasciamo con il ricordo di quella memorabile rosa, soprannominata "classe operaia" del 1970 (aggiunta da Mamblo nel murale - parte destra, ndr):
Rosa:
Albertosi, Martiradonna, Zignoli - Cera, Niccolai - Tomasini, Domenghini - Nenè, Gori - Greatti, Riva - Reginato, Mancin - Poli, Brugnera - Nastasio, Tampucci.
Allenatore: Manlio Scopigno, per tutti Il Filosofo.
Presidente: Efisio Corrias
Alcuni numeri:
- 17 vittorie
- 11 pareggi
- 2 sconfitte
Punti in classifica: 45
Capocannoniere: Gigi Riva (21 reti in 30 partite)
Curiosità
Il 9 febbraio 2005 il sindaco di Cagliari Emilio Floris concesse a Rombo di Tuono la cittadinanza onoraria.