Ai giorni nostri il bottone sardo viene utilizzato principalmente come ornamento di pregio nei costumi sardi ma, ai suoi albori, ha rappresentato un'intrigante miscela tra tradizione e leggenda. Rappresentava un vero e proprio gioiello custodito gelosamente e tramandato di generazione in generazione, soprattutto come oggetto simbolico e sacro.
Sulla punta viene incastonata una pietra colorata che, sempre secondo la leggenda, assume diversi significati - o meglio, funzioni - in base allo scopo per cui viene creato e donato: può scacciare il male o auspicare fertilità e prosperità.
L'origine di questa leggenda affonda le radici nell'antichità quando il tasso di mortalità neonatale era elevatissimo e, a causa dell'assenza di conoscenze mediche, i decessi venivano imputati alle influenze maligne.
Si narra che tali entità maligne - di solito, streghe - si avvicinavano ai bambini addormentati, durante la notte, per nutrirsi del loro il sangue fino a farli morire.
All'epoca, per sconfiggere queste influenze negative, ci si affidava rigorosamente a riti e amuleti magici.
La leggenda narra che questi splendidi e magici oggetti venivano creati direttamente dalle mani delle Janas. Questi minuscoli esseri, un incrocio tra le streghe e gli elfi, passavano il tempo a ricamare e tessere fili d’oro e d’argento con pietre preziose, chiuse nelle loro dimore: le famose domus de janas.
Sulla base di queste credenze l'arte orafa sarda ha acquisito una valenza guaritrice attraverso la realizzazione di un rimedio contro le presenze negative: il bottone sardo, il collegamento diretto tra l'uomo e gli Dei sia per scacciare le forze del male che per invocare grazia e protezione.
In base alla tipologia di pietra scelta e inserita nel castone si poteva prestabilire anche le modalità per sconfiggere il male. Incastonando, ad esempio, l'ossidiana (vetro vulcanico) il male veniva sotterrato, se invece veniva usato il corallo il male veniva affogato nelle acque profonde dell'oceano.
Per quanto riguarda invece il potere di questo amuleto nell'attrarre forze positive, la leggenda narra che il riferimento esplicito al seno di Tanit, Dea punica della fertilità, agevolava la produzione del latte materno in mancanza del quale il destino del neonato sarebbe segnato.
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Riferimenti /Ringraziamenti
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- Contus Antigus - scritto da Alessio Scalas
- La donna sarda - scritto da Cristina Muntoni
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